martedì 1 maggio 2007

Primo Maggio, Su Coraggio!

Si, ci vuole coraggio a chiamarla ancora festa dei lavoratori.

Questa festività intende ricordare le battaglie operaie per la conquista di un diritto sacrosanto quale l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore e più in generale l’impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. In virtù di questo e alla luce degli accadimenti degli ultimi anni è ancora giusto che ci sia? Lo spirito con la quale è nata viene ancora rispettato?
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Da quando nel 2003 è stata introdotta la cosiddetta
Legge Biagi sono cambiate un po’ di cose nel mondo del lavoro. Questa riforma, di vasta portata, parte dal presupposto secondo cui la flessibilità in ingresso nel mercato del lavoro è il mezzo migliore per agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro e che la rigidità del sistema crea solo alti tassi di disoccupazione. Secondo i sostenitori della riforma aumentando la flessibilità in ingresso nel mondo del lavoro si produce un aumento del tasso di occupazione mentre per i detrattori la legge riduce drasticamente diritti e tutele per i lavoratori.

A mio parere, nei presupposti era un valido strumento. Perchè parlo al passato? Perchè è stato usato solo per sfruttare alcune tipologie di contratto introdotte a discapito di altre, probabilmente meno adatte ad aiutare gli interessi di una ristretta e privilegiata minoranza del nostro Paese. In teoria funziona così: le aziende che decidono di introdurre le nuove tipologie contrattuali per le assunzioni beneficiano di sconti contributivi e fiscali nonché di un maggiore fattore di ricambio del personale, ove quello assunto non fosse giudicato adatto; i lavoratori hanno la possibilità di decidere di cambiare con più frequenza il posto di lavoro (con un alto tasso di ricambio crescono le probabilità di trovare un nuovo impiego), aumentando in questo modo il bagaglio formativo e di esperienza. In pratica invece funziona così: alla prevista flessibilità non ha fatto seguito una riforma parallela sugli ammortizzatori sociali, tramutando di fatto una situazione di lavoro flessibile in una situazione precaria; le aziende versano minori contributi e i lavoratori precari hanno un accantonamento pensionistico inferiore ai loro colleghi con contratti tipici.

Il
contratto a progetto (co.co.pro.), ovvero il lavoro in nero legalizzato, è l’unica modalità contrattuale veramente sfruttata di tutta la riforma; i punti salienti previsti sono: il salario è legato al raggiungimento degli obiettivi e non al monte ore svolto, il contratto è legato ad un progetto (?) che prevede il pagamento se vengono raggiunti i risultati previsti nel contratto stesso, il datore di lavoro può determinare la periodicità della corresponsione del salario, può essere rinnovato infinite volte, il lavoratore viene “venduto” ad un’altra azienda in cui svolgerà la sua attività in modo differente dagli altri colleghi (con stipendio inferiore, maggiore mole di lavoro che i colleghi delegano a lui, nessuna garanzia di continuità, nessun orario fisso,  nessuna possibilità di fare carriera), in caso di fallimento del datore di lavoro i lavoratori con contratto a progetto non hanno accesso al fondo nazionale di garanzia con il quale vengono pagati fino a tre mesi di stipendi (lordi) arretrati e la liquidazione ai dipendenti, nessun negozio accetta pagamenti rateali da chi possiede questo tipo di contratto, nessuna banca permette l’apertura di un mutuo, il lavoratore a progetto deve pagare sempre tutto in contanti e subito.

Vi sembra poco? A me no. Tutti i giorni ci propinano le solite frasi: in Italia i ragazzi non si sposano più, non fanno figli, non vanno via da casa neanche a 40 anni! E mi spiegate come si fa con 500 euro al mese? Sono questi i diritti dei lavoratori per i quali hanno lottato i nostri nonni e i nostri genitori? Non credo proprio. E non parlo per partito preso ma con cognizione di causa.

Io ho un lavoro che ha tutto del pubblico e quindi doveri, responsabilità, oneri, rischiamo multe e denunce quotidianamente dai cittadini giustamente inferociti, possiamo incorrere in problemi per interruzione di pubblico servizio se per un motivo qualsiasi ci assentiamo (non potremmo neanche assentarci per i bisogni fisiologici senza avere una persona che ci da il cambio per non interrompere il servizio) ma dato in appalto ad una società privata. In poche parole doveri del pubblico e diritti del privato! E’ un lavoro temporaneo (contratto a progetto), dipendo da una società di lavoro temporaneo ma per conto di una cooperativa che ha l’appalto; il primo contratto è stato di 3 mesi, ora rinnovato per 6. Alla fine della proroga può succedere questo: 1) non mi rinnovano il contratto, 2) me lo rinnovano chissà per quanto alle stesse condizioni e poi sono punto e a capo, 3) divento socia della cooperativa (meglio o peggio??).

Oggi c’e’ stress sul lavoro, le persone si sentono minacciate, come si può lavorare così? Oggi lavori e domani non si sa. Umiliati nella dignità e nelle legittime aspettative, sfruttati in tanti per il ritorno economico di pochi. Non sappiamo neanche se
avremo una pensione o, peggio, se dovremo continuare a lavorare anche dopo rischiando di morire per arrotondare un po’, noi che oggi versiamo si e no per quella sociale e non riusciamo a risparmiare neanche un euro per i tempi bui che, certamente, arriveranno!

E più passa il tempo più mi rendo conto che in questa situazione siamo davvero in tanti. Sono stata convocata dal Centro per l’Impiego della mia zona per un “colloquio per la stipula del piano individuale di ricerca del lavoro” (si, ci contattano per conoscere la nostra situazione lavorativa e le nostre esperienze perchè non si risulta assunti da nessuna parte con il co.co.pro. e non si perde lo status di disoccupazione). Bene, chiacchierando un po’ con due impiegati (uno sulla quarantina e una sulla cinquantina) ho scoperto che sono nelle mie stesse condizioni e si lamentavano del fatto che non hanno nessun tipo di certezza! Neanche a cinquant’anni! Hanno tentato di rassicurarmi così: tranquilla, tanto siamo tutti sulla stessa barca…

Eh no, a me non sta proprio bene questa barca! Non voglio affondare insieme a tutti gli altri! Prendiamo
esempio dai francesi e tiriamo fuori gli attributi!!


Un mio lavoro candidato a entrare nella Bibbia di MC

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