sabato 19 maggio 2007

La spada di Damocle del non possumus anche sul testamento biologico

mastro_tittaDa qualche tempo l'anacronistica ed obsoleta locuzione latina non possumus (non possiamo), sta infestando i media in generale. Pressochè ogni giorno, nell'anno 2007,  non si fa altro che sentire non possumus, non possumus... E' la frase che gli apostoli Pietro e Giovanni avrebbero opposto a chi chiedeva loro di non predicare il Vangelo subito dopo la morte di Cristo. La frase è stata rilanciata da Papa Pio IX, che usò questa formula per rispondere ai tentativi del Regno d'Italia di confrontarsi con il Vaticano per risolvere la questione romana. La locuzione, già utilizzata negli ambienti pontifici come motivazione di rifiuti, è stata utilizzata successivamente per lo più nell'ambito dei rapporti politico-diplomatici fra il Vaticano e l'Italia.

Qualche tempo fa è stata pronunciata diverse volte dalla CEI durante il "tentativo" di dialogo sull'istituzione dei DiCo e pare proprio abbia funzionato: non se ne parla praticamente più, in palese trasgressione alle direttive europee in merito alle convivenze omosessuali e relativa omofobia di cui la CEI sembra in forte odore.



Probabilmente succederà la stessa cosa con un altro argomento "caldo": il testamento biologico. Detto anche testamento di vita o dichiarazione anticipata di trattamento, è l'espressione della volontà da parte di una persona (testatore), fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non indende accettare nell'eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte (consenso informato) per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione. L'argomento, "eticamente sensibile", vede posizioni differenti. In particolare, una corrente di pensiero di tipo laica e radicale sostiene che il testamento è valido anche se verbale ed è possibilista verso l'eutanasia. L'altra corrente, facendo proprie alcune affermazioni contenute in un documento del Comitato Nazionale di Bioetica del 2003, sostiene che il testamento è valido solo per iscritto, che non possa contenere raccomandazioni in contraddizione col diritto positivo, con le norme di buona pratica clinica, con la deontologia medica o che pretendano di imporre attivamente al medico pratiche per lui in scienza e coscienza inaccettabili e che il paziente non può essere legittimato a chiedere e ad ottenere interventi eutanasici a suo favore.

In virtù di questo è utile sapere che la Fondazione Veronesi ha messo a disposizione sul proprio sito un modulo scaricabile per il testamento biologico in cui si può, nell'attesa di una legge vera a propria che vada a regolamentarne l'istituzione, esprimere la propria volontà anticipata. La dichiarazione deve essere compilata di proprio pugno in tre copie: una per il diretto interessato, una da consegnare a un fiduciario (parente, amico, conoscente), una da depositare dal notaio o dal legale di fiducia. Nel testamento biologico vanno indicati i dati anagrafici del soggetto e del rappresentante fiduciario nominato dall’interessato e le volonta’ "potranno essere revocate o modificate in ogni momento con successiva/e dichiarazione/i".

La CEI si è pronunciata da poco sull'argomento: "Temiamo non ci sia distinzione tra pratiche mediche e eutanasiche"; i vescovi sono «preoccupati che l' evoluzione del disegno di legge sulla dichiarazione anticipata di trattamento possa aprire a una deriva eutanasica di fatto». Lo ha ribadito mons. Giuseppe Betori durante la presentazione del Comunicato finale del consiglio permanente della CEI.

Il cardinale Javier Lozano Barragan ha tracciato 6 punti secondo i quali  si potrebbe sostenere la liceità del Testamento Biologico: 1. Se questo si unisse mediante un consenso informato alla decisione del medico curante di evitare sempre l’eutanasia e di rinunciare all’accanimento terapeutico. Così anche il paziente prenderebbe nelle proprie mani gli ultimi momenti dell’esistenza. 2. Se si tenesse conto dell’evoluzione e del progresso della medicina per l’efficacia delle cure e dell’eventuale cambiamento delle circostanze economiche, sociali, familiari e di politica sanitaria riguardo al mutamento della sproporzionalità delle terapie. 3. Se fosse flessibile, in maniera da poter essere modificato con il cambiare dello stato di salute fisica e psicologica del paziente gravemente malato. 4. Se includesse sempre l’utilizzo delle Cure Palliative disponibili (che facilitano una morte degna e cosciente, eliminando quell’eventuale dolore che non permette lo stato psicologico e spirituale adeguato per poter oltrepassare la soglia verso la pienezza della vita). 5. Se si trovasse un vero fiduciario che intervenisse soltanto nel caso d’incoscienza del malato terminale, con la certezza morale che tale fiduciario interpretasse fedelmente la volontà del testante, evitasse l’accanimento terapeutico e non favorisse mai l’eutanasia. 6. Se, per giudicare il caso di un accanimento terapeutico, ci si rimettesse al giudizio del medico o dei medici curanti ed al paziente bene informato, o, in caso d’incoscienza di questi, al consenso della famiglia o dei legittimi rappresentanti del paziente e di un Comitato di Bioetica, se disponibile.



In conclusione.

Al di là di tutte le argomentazioni favorevoli o contrarie, passa a mio avviso in secondo piano una cosa fondamentale per una società che vuole definirsi civile: la libertà personale dell'individuo. Ogni persona dovrebbe poter avere la libertà di decidere da sola su certe cose, confinate nella più totale soggettività e sensibilità. Non tutti hanno la facoltà o la forza di poter decidere, ma chi ce l'ha deve poterlo fare. Non tutti sono disposti a soffrire inutilmente per poi essere appagati "in un mondo migliore" e perdere inevitabilmente la propria dignità. La vita è di proprietà dell'individuo oppure appartiene a qualcun altro? Qualcun altro che prima la regala con tutta una serie di doni e che poi la prende quando e come gli pare? Se la vita è mia è mia. Perchè dovrebbe decidere qualcun altro per me? Oppure dovrei soffrire, accettare la sofferenza con animo grato e pio, emulare la passione di Cristo, ed essere felice e contenta? E perchè lo dovrei fare? Perchè me lo dice Mons. Bagnasco o Sua Santità, che quando soffrono sono i primi a ricorrere al Gemelli e a farsi accerchiare da una marea di medici pronti alla genuflessione? "Non possumus" frase ricorrente, fu detta anche da PIO IX dopo la sonora trombatura a Porta Pia! Mons. Bagnasco che si spaventa così tanto per un banale "vergogna" che diritto ha di dire ciò che debbo fare con la mia vita?

In un paese civile e libero da influssi religiosi, clericali e superstiziosi, ognuno dovrebbe avere il diritto di decidere su certe cose che oltrettutto lo riguardano direttamente. Se uno  soffre e vuole donare la sua sofferenza alla sua divinità con animo grato, pio e sottomesso, affinché la divinità ne tragga ancor maggior potere, libero di farlo. Lui però, mica io! Alle promesse dei premi ad una lotteria futura faccia affidamento chi vuole crederci...





ER DILETTANTE DE PONTE

Viengheno: attenti: la funzione è llesta.

Ecco cor collo iggnudo e ttrittichente

Er prim'omo dell'opera, er pazziente,

L'asso a ccoppe, er ziggnore de la festa.

E ecco er professore che sse presta

A sserví da scirúsico a la ggente

Pe ttre cquadrini, e a tutti ggentirmente

Je cura er male der dolor de testa.

Ma nnò a mman manca, nò: ll'antro a mman dritta.

Quello ar ziconno posto è ll'ajjutante.

La proscedenza aspetta a mmastro Titta.

Volete inzeggnà a mmé cchi ffà la capa?

Io cqua nun manco mai: sò ffreguentante;

E er boia lo conosco com'er Papa.

29 agosto 1835

NdA: la foto mostra mastro Titta, il boja del Papa Re, con una testa femminile in mano. Vostra Maestà benedetto XVI a quando il ritorno di mastro Titta?

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