domenica 13 gennaio 2008

L'ordine nazionale degli psicologi prende posizione sulle terapie di “cura dell’omosessualità”

utbFinalmente! E' la prima cosa che ho pensato leggendo un comunicato dell'ordine nazionale degli psicologi. Lo riporto qui di seguito.
08/01/2008 - Omossessualità e "terapia riparativa". Lo psicologo non deroga mai
In relazione alle polemiche innescate dal reportage di Davide Varì pubblicato su Liberazione riteniamo utile fornire alcuni elementi di riflessione. Lo psicologo non deroga mai ai principi del Codice Deontologico nessuna ragione né di natura culturale né di natura religiosa, di classe o economica può spingere uno psicologo a comportamenti o ad interventi professionali non conformi a tali principi. Questo non certamente per timore delle possibili sanzioni (che pur gli Ordini puntualmente comminano), ma perché i principi del Codice sono intimamente e inestricabilmente connessi con la cultura, il sapere e il saper fare dello psicologo. "Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri…. " e quindi "nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio/economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. …" E’ evidente quindi che lo psicologo non può prestarsi ad alcuna "terapia riparativa" dell’orientamento sessuale di una persona.




Mi sembra una presa di posizione significativa nei confronti  di alcuni "professionisti" che ancora si ostinano a voler "riorientare la sessualità".

Da profana in medicina, parto da qualche mia personale considerazione per approvare senza ombra di dubbio il comunicato. Sappiamo che si parla di vere e proprie "terapie" messe a punto da "apprendisti stregoni" che, seppur respinte dalla comunità scientifica, spesso vengono praticate nell’ombra. Una terapia, per essere definita tale, deve riportare uno stato patologico a uno stato sano o rendere sopportabile la manifestazione di sintomi disagevoli. Bene bene, danni dati dall'omosessualità non ne ho ancora visti in giro e poi dopo decenni di terapie spesso sadiche, sul finire del secolo scorso l'omosessualità è stata cancellata dall'elenco delle patologie (nel 1973 dall'Associazione degli psichiatri americani, poi nel 1993 anche dalla lista dell'Organizzazione mondiale della sanità) e definita "una variante naturale della affettività e della sessualità umana". Non è una malattia e dunque non c'è bisogno di "guarire". Partendo dall'assunto che non è assolutamente una patologia, per assurdo (ma mica poi tanto, questo in fondo si prefiggono) questa "terapia" dovrebbe anche riuscire a "trasformare" me, eterosessuale, in una persona omosessuale: è l'effetto contrario di quello preso in esame da questi "terapeuti" ma direi più che valido visto che si parla di terapie. Ora, riflettiamoci un po' su. Parliamo di una terapia, individuale o di gruppo, che mira a modificare l'orientamento sessuale di una persona con metodi non invasivi (almeno mi auguro): niente torture o droghe ma solo parole!  Bene, secondo me è una cosa impossibile! Solo con le parole è un risultato irrealizzabile perchè, parlo per me, non mi convincerebbero mai! Sarò maliziosa e anche ignorante in materia ma non la vedo proprio una cosa fattibile solo a parole.

Eppure un "caso di guarigione" c'è:  si chiama Luca Di Tolve e ora vive una "nuova vita" dichiarando che è quella "che mi sono conquistato dopo sei anni di terapia riparativa dell’omosessualità: tre rosari al giorno, gruppi di ascolto, studio della Bibbia e dei testi di Josè Maria Escrivà, il fondatore dell’Opus Dei. Adesso, finalmente, sono guarito". Dice di essere guarito, come se la condizione di omosessualità fosse una malattia! Chissà come gli sarà stata inculcata questa convinzione? Poco importa: ora è fidanzato e sta per sposarsi; c'è quindi una nuova famiglia che sta per formarsi, per la gioia di chi si riempie continuamente la bocca con questa parola. E non da ultimo varie cerimonie da celebrare (e incassare!): matrimonio, successivi battesimi, prime comunioni....


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